Il camion dei traslochi stava partendo. Ormai l'appartamento era vuoto. C'era solo uno scaffale con dei vecchi libri e un po' di roba nella cantina. Il capo aveva detto a Giacomo che doveva rimanere finché tornava la padrona di casa con la figlia a dare un'ultima occhiata.
Il capo, Ubaldo, tirò giù il finestrino e chiamò Giacomo,
'Aspetta tu la signora, Giacomo, finisci di incartare le cose nella libreria, mentre io vado al deposito e poi ti scrivo, caso mai se c'e dell'altro ne parliamo dopo.'
Erano due giorni che Giacomo lavorava in quell'appartamento. Era il suo primo lavoro con la ditta 'Ubaldo e figli.' Non aveva mai visto tanta roba in vita sua. L'appartamento era strapieno di cose. La prima mattina la signora era rimasta con lui.
Piangeva ogni volta che incartava gli oggetti per lei cosi preziosi.
C'erano dei bicchieri con bordo dorato. Tantissimi. Dovevano essere incartati uno per uno.La signora ne prese uno e l'alzò verso la finestra, dove la luce del sole lo faceva brillare. Si girò verso Giacomo e disse,
'Questi bicchieri erano un regalo di nozze dei miei nonni. Erano di famiglia. Hanno piu di cento anni.'
Gli occhi della signora luccicavano.
'Quante cene, quanti brindisi, quanti ricordi!'
Giacomo non sapeva cosa dire. Era imbarazzato con tutta questa emozione. Non vedeva l'ora che tornasse Ubaldo.
A mezza giornata, la signora chiese a Giacomo se voleva un caffe e andarono insieme nella grande cucina.
La signora mise una scatola di ceramica davanti a Giacomo insieme con il caffe.
Gli si mise a sedere davanti e prese un sorso di caffe.
'Prendi i biscotti Giacomo, ti chiami Giacomo vero? Quanti anni hai? Mi ricordi mio nipote Tommaso, che ha diciotto anni, vuole essere un dottore, si è iscritto al università. Ora vado a vivere vicino a mia figlia e la sua famiglia, lo vedro ogni giorno', si fermò e tirò fuori uno fazzoletto e toccò il viso per asciugare una lacrima. Poi ripresi, 'Milano sembra cosi lontana da Firenze, chissà se ci ritornerò mai qui.'
Giacomo mangiò un biscotto e aspettò che lei finisse di parlare, poi disse che sì anche lui aveva diciotto anni ma a scuola era stato una frana e allora aveva preso questo lavoro perchè Ubaldo era amico di suo papà.
La signora gli sorrise,
'E' un buon lavoro, e tu si vede che ci sai fare. Vedo già che hai cura degli oggetti da come li impacchetti. Quasi quasi ti lascio finire e vado. Sono un po stanca. Ormai le cose di valore sono state portate via. Domani vengo con la mia figlia per dare un ultimo occhiata.'
Ricordando quel discorso Giacomo si sentì un po' infastidito, cosa voleva dire 'le cose di valore sono state portati via?'. Si ricordava i suoi insegnanti come lo trattavano, non avevano nessuna fiducia in lui. Provò un po' rabbia anche verso Tommaso, il nipote destinato a diventare dottore.
Decise di finire subito con la libreria e andare via prima che tornasse la signora con i figli. Prese uno sgabello e cominciò con i libri in alto. Il suo telefono squillò e tirandolo fuori di tasca, perse l'equilibrio e i libri caddero a terra. Rispose al telefono, era suo papà,
'Eh Giacomo come sta andando? Mi raccomando non fare brutta figura, ti prego ...' Giacomo allontanò il telefono per non sentire la voce di suo papà, poi disse con voce decisa, 'Ciao papà devo andare, ci sentiamo dopo.' Saltò giù per terra per raccogliere i libri e vide una collana che usciva delle pagine di uno dei libri. La portò alla finestra per guardarla meglio. Era bellissima. La catena era d'oro e una pietra color ambra che brillava come il sole.
Prese il libro da cui era caduta. Era un libro di poesia.
Il libro si aprì a una pagina, la cui poesia era tutto sottolineato, a mano, si chiamava semplicemente 'Se', di un certo Rudyard Kipling.
Giacomo si sedette sul pavimento e cominciò a leggere. A scuola non era mai stato gran ché, gli insegnanti gia aalla materna lo consideravano difficile, o al meglio vivace. Che la poesia fosse sottolinaeata e nel margine ci fossero delle scritte a matita con punti esclamativi, non riusciva a spiegarlo, ma sembrava che qualcuno parlasse con lui, qualcuno che gli voleva bene. Una riga lo colpì, 'SE puoi avere fiducia in te stesso quando tutti dubitano di te, ma prendi in considerazione anche i loro dubbi', gli piaceva, era semplice, a lui sembrava un consiglio amichevole.
In quel momento la porta si aprì, e entrarono la signora e sua figlia. Lo guardarono sorprese, e Giacomo balzò in piedi,
Sorrise e, tendendo la mano, mostrò la collana,
'Guardate cos'ho trovato, era dentro questo libro. E' bellissima!'
La signora la guardò e poi, sorridendo disse,
'oooh grazie, erano anni che non la trovavo, quella collana. Mio marito me l'aveva regalata quando era nata la mia figlia, Isabella. Non lo trovavo più, e quel libro, quanto mi piaceva leggere quelle poesie, grazie davvero Giacomo! Sono felice!'
La signora si girò verso la figlia e le bisbigliò qualcosa, poi si girò e Giacomo notò che tutte e due lo stavano guardando con simpatia. La signora gli porse il libro,
'avremmo piacere se tieni tu il libro, e poi diremo al Ubaldo che vorremmo che sia tu che gestisce il trasloco a MIlano.'
Giacomo stava per rispondere, sentì la strana sensazione di essere fiero di se stesso. Il suo telefono squillò, e diede un'occhiata,
'Scusate un attimo, è mio papà,'
La sua voce risuonò nella stanza,
'Tutto ok babbo, stasera ti racconto, è andato tutto bene'.
Poi prese il libro e senza accorgersene, lo strinse a sè come un nuovo amico.
Racconto bellissimo, delicato originale e commuovente
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